Cari Studenti e care Studentesse,
“Il flagello non è commisurato all'uomo, ci si dice quindi che il flagello è irreale, è un brutto sogno che passerà. Ma non passa sempre, e di cattivo sogno in cattivo sogno sono gli uomini che passano e gli umanisti, in primo luogo, in quanto non hanno preso le loro precauzioni. I nostri concittadini non erano più colpevoli d'altri, dimenticavano di essere modesti, ecco tutto, e pensavano che tutto era ancora possibile per loro, il che supponeva impossibili i flagelli. Continuavano a concludere affari e a preparare viaggi, avevano delle opinioni. Come avrebbero pensato alla peste, che sopprime il futuro, i mutamenti di luogo e le discussioni? Essi si credevano liberi, e nessuno sarà mai libero sino a tanto che ci saranno i flagelli.”
Albert Camus, La peste, 1947 (ed. It. 2005, pp. 30-31).
Solo per dire che anche io ci ho messo un po' a prendere le misure del nostro "flagello", che non è la peste, evidentemente, ma che ci ricorda come noi esseri umani dovremmo essere più "modesti" di fronte alla natura. E invece passiamo dall'arroganza di alterare il clima della Terra (parlare di incoscienza mi sembra difficile) alla paura di fronte alla disabitudine per la nostra finitezza. E se oggi onoriamo giustamente "l'eroismo dei pochi" (gli operatori sanitari che lottano ogni giorno e ogni notte per la salute pubblica e il bene di ognuno), dopo servirà l'ambizione delle idee, la grandezza prometeica e l'eroismo di tutti, per ricostruire su basi diverse e migliori. Ora dobbiamo farci piccoli, dopo dovremo tornare a pensarci capaci di imprese impossibili. Sbagliare i tempi, anticipare o posticipare il movimento, farà semplicemente cadere il pallone in terra. E' un pro-memoria, niente di più.
“A pestilence isn’t a thing made to man’s measure; therefore we tell ourselves that pestilence is a mere bogy of the mind, a bad dream that will pass away. But it doesn’t always pass away and, from one bad dream to another, it is men who pass away, and the humanists first of all, because they haven’t taken their precautions. Our townsfolk were not more to blame than others; they forgot to be modest, that was all, and thought that everything still was possible for them; which presupposed that pestilences were impossible. They went on doing business, arranged for journeys, and formed views. How should they have given a thought to anything like plague, which rules out any future, cancels journeys, silences the exchange of views. They fancied themselves free, and no one will ever be free so long as there are pestilences.”
Albert Camus, The Plague, 1991 New York: Vintage Books (Random House), p. 37. (Traduzione di Stuart Gilbert)
This is just to say that it took me a while to measures up our "scourge", which is obviously not the plague, yet it reminds us that, as human beings, we should be more "modest" towards nature. Instead, we oscillate between being so arrogant to upset the Earth’s climate (as mere carelessness does not begin to describe our behaviour) and the fearful of our finitude, which we are not used to face. If today we rightly honour "the heroism of the few" (the health workers who fight every day and every night for public health and for the good of each everyone of us), later we will need the ambition of ideas, the Promethean greatness and the heroism of all, to rebuild on different and better foundations. Now it is the time to be self-effacing, later we will have to go back to thinking ourselves capable of impossible enterprises. A wrong timing would simply make the ball drop. It is a reminder, nothing more than that.
Prof V.E. Parsi, ASERI Director