14 maggio 2025

L’UE di fronte ai mutamenti del potere globale

di Ludger Kühnhardt

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«Stiamo vivendo la fine di un’epoca». Con queste parole, il professor Ludger Kühnhardt ha aperto la sua recente conferenza alla School of Global Politics di ASERI, sottolineando la precarietà dell’attuale ordine globale. Siamo entrati in una fase di transizione pericolosa, in cui il sistema internazionale, che per decenni ha garantito stabilità, è ora scosso da molteplici crisi: il ritorno della guerra in Europa, l’erosione del multilateralismo, l’incertezza sul ruolo degli Stati Uniti e l’ascesa di nuove potenze. In questo contesto, l’Europa si trova a un bivio: adattarsi a questa nuova realtà o rischiare l’irrilevanza.

 

Per anni molti hanno creduto che l’ordine liberale instaurato dopo il 1945 fosse una struttura solida e duratura. Dopo la fine della Guerra Fredda, l’ottimismo occidentale portò a ritenere che globalizzazione e diffusione della democrazia avrebbero inaugurato un’era di pace e progresso. Ma, come ha osservato Kühnhardt, si trattava di una visione “miopica”. Il mondo non è mai stato veramente unipolare, e il riequilibrio del potere globale era solo questione di tempo.

 

L’Europa ha vissuto nell’illusione che l’integrazione economica fosse sufficiente a garantire sicurezza e influenza politica. Tuttavia, eventi come il conflitto in Ucraina e le tensioni con gli Stati Uniti durante la presidenza Trump hanno dimostrato che l’UE non può più affidarsi ai vecchi paradigmi. La crisi dell’ordine liberale non deriva soltanto da pressioni esterne, ma anche dalla fragilità interna dello stesso Occidente, dove il consenso sui valori democratici si sta erodendo.

 

Uno dei fattori più trascurati nel declino europeo è il cambiamento demografico. Come ha illustrato Kühnhardt, il peso globale dell’Europa sta drasticamente diminuendo: oggi il continente rappresenta solo il 6% della popolazione mondiale e la sua quota di PIL globale è scesa al 14,5%. L’invecchiamento riduce la capacità di innovazione e di investimento nel futuro, mentre regioni come Asia e Africa vivono una crescita esponenziale.

 

Questo declino demografico non è soltanto una realtà statistica ma politica, influenzando il modo in cui l’Europa affronta le sfide globali. Un continente “anziano” tende a privilegiare la stabilità e la conservazione rispetto al cambiamento e al rischio, rallentando la capacità dell’UE di reagire alle trasformazioni geopolitiche. Se l’Europa non troverà un modo per compensare questo svantaggio, rischia di diventare sempre più marginale sulla scena internazionale.

 

La risposta europea alle recenti crisi è stata caratterizzata da lentezza e frammentazione. Kühnhardt ha sottolineato che il vecchio metodo dell’integrazione funzionale – basato su passi graduali e incrementali – non è più sufficiente in un mondo in cui le decisioni devono essere rapide ed efficaci. La guerra in Ucraina ha messo in luce le difficoltà dell’Europa nel rispondere in modo unitario alle sfide di sicurezza, mentre l’incapacità di sviluppare una politica industriale comune ha lasciato l’UE vulnerabile alla competizione tecnologica con Stati Uniti e Cina.

 

Un’altra grande debolezza è l’assenza di una politica estera e di difesa realmente integrate. Senza capacità credibili di deterrenza, l’Europa resta dipendente dagli Stati Uniti per la propria sicurezza, mentre attori come Russia e Cina sfruttano le sue divisioni interne. Come ha sottolineato Kühnhardt, il dibattito sull’autonomia strategica è ancora bloccato tra dichiarazioni ambiziose e la realtà di un’UE incapace di superare i veti nazionali sulle questioni cruciali.

 

Nonostante queste debolezze, Kühnhardt non considera inevitabile il declino dell’Europa. L’UE ha ancora spazio per riaffermare il proprio ruolo, ma servono scelte radicali. Egli ha delineato tre priorità fondamentali per affrontare le sfide del nuovo ordine globale: innanzitutto, accelerare l’integrazione politica e strategica eliminando il diritto di veto in materia di politica estera e di sicurezza. Questo permetterebbe decisioni più rapide ed efficaci, consentendo all’UE di agire come attore geopolitico autonomo. In parallelo, investire in innovazione e tecnologia è essenziale per colmare il divario competitivo con Stati Uniti e Cina, creando campioni europei in settori chiave come intelligenza artificiale, energia verde e difesa comune. Tuttavia, senza riformare il modello di governance economica, questi obiettivi rischiano di rimanere irraggiungibili. L’attuale sistema di rigide regole fiscali e bilanci nazionali non è più sostenibile, rendendo necessaria l’adozione di strumenti di investimento comuni, tra cui un fondo permanente per la difesa e un piano industriale europeo. Queste misure ridurrebbero la dipendenza strategica da attori esterni e garantirebbero una maggiore resilienza economica e geopolitica all’UE.

 

L’Europa ha ancora una finestra di opportunità per rafforzarsi, ma il tempo stringe. La crisi dell’ordine liberale non è un’anomalia temporanea ma un cambiamento strutturale che richiede risposte rapide e decisive. Senza una leadership capace di affrontare questa nuova realtà, l’UE rischia di essere relegata ai margini della storia.

 

Come ha affermato Kühnhardt: «Le transizioni sono sempre momenti pericolosi. Solo chi sa porre le domande giuste e prendere decisioni difficili può sopravvivere a questi cambiamenti». Oggi l’Europa si trova di fronte a questa sfida: restare ferma e accettare il declino o trovare il coraggio di diventare finalmente un attore globale.