ASERI è stata una delle esperienze più importanti e illuminanti del mio percorso accademico. Ha davvero contribuito a orientare la mia carriera e molti dei compagni conosciuti allora fanno ancora parte della mia vita personale e professionale. Anche dopo tutti questi anni, ASERI resta un luogo di pensiero critico, apprendimento continuo e dialogo significativo tra generazioni e discipline.
Ho avuto l’onore di partecipare alle celebrazioni per il trentesimo anniversario di ASERI e di condividere la mia visione personale sulle principali sfide dei prossimi anni, sempre più numerose, complesse e interdipendenti sia a livello nazionale che internazionale.
Nel mio ambito di competenza, una delle aree di crescente tensione è il ruolo delle piattaforme online e la loro regolamentazione. La presenza – o l’assenza – di un quadro legislativo per questi operatori comporta importanti implicazioni per le relazioni politiche e commerciali, in particolare nell’area transatlantica.
Le Big Tech sono cresciute “praticamente come nuove Compagnie delle Indie”, per riprendere le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla recente 51ª edizione del Forum Ambrosetti di Cernobbio. Esse oggi influenzano – e talvolta persino plasmano – l’agenda dei governi e delle autorità nazionali, esercitando poteri che dovrebbero spettare agli Stati e alle organizzazioni internazionali. Basate principalmente negli Stati Uniti e protette sia da amministrazioni democratiche sia repubblicane, queste corporation globali operano sotto un quadro legislativo ormai obsoleto, ovvero il Digital Millennium Copyright Act del 1996 e il Communications Decency Act dello stesso anno, che garantiscono loro esenzioni di responsabilità.
La situazione è assai diversa nell’UE, dove vige da tempo un doppio standard normativo: da un lato, il paradosso di un’industria audiovisiva europea sovraregolamentata; dall’altro, un settore delle piattaforme digitali pressoché del tutto privo di regole.
Il paradosso della sovraregolamentazione. Dal 1989 il settore audiovisivo europeo è sottoposto a una regolamentazione stringente e pervasiva. Istituzioni nazionali ed europee hanno imposto severe regole antitrust per prevenire concentrazioni verticali e orizzontali tra operatori media. A ciò si sono aggiunti obblighi di produzione di contenuti culturali e informativi – anche quando economicamente insostenibili – nonché la responsabilità editoriale diretta su tutti i contenuti trasmessi.
L’obiettivo, apparentemente nobile, era garantire pluralismo, diversità culturale e tutela dei consumatori attraverso la responsabilità editoriale. Tuttavia, l’effetto sistemico è stato opposto: il peso eccessivo della regolamentazione ha soffocato l’emergere di attori europei capaci di crescere su scala globale e competere alla pari con i giganti tecnologici, i quali invece prosperavano in un ecosistema di fatto deregolamentato.
Per oltre quindici anni, regolatori nazionali ed europei hanno mostrato una sorta di “infatuazione”, intervenendo in ritardo, con estrema cautela e attraverso regole non vincolanti o di autoregolamentazione (come codici di condotta) su questioni cruciali quali concentrazione di mercato e responsabilità dei contenuti.
Nel frattempo, le Big Tech statunitensi hanno consolidato il proprio dominio grazie a economie di scala, effetti di rete e sofisticati sforzi di lobbying, che hanno ulteriormente indebolito ogni reale ambizione regolatoria europea – in particolare in settori come la protezione dei minori online, la lotta alla disinformazione e ai discorsi d’odio.
Fino al 2021, questioni centrali come governance algoritmica, equità competitiva, trasparenza dei contenuti, tassazione e protezione del copyright sono rimaste largamente irrisolte.
Perfino gli interventi legislativi più recenti – il Digital Services Act e il Digital Markets Act, il Media Freedom Act e l’AI Act – veri traguardi nella difesa della democrazia, del pluralismo editoriale e della promozione della nostra cultura condivisa, rischiano una applicazione tardiva e inefficace.
Questa situazione deriva da due fattori principali:
Un’asimmetria regolatoria: il modello di business dei media tradizionali è ben definito, responsabile e quindi più facilmente regolabile.
Un pregiudizio culturale radicato: per decenni la televisione – soprattutto quella commerciale – è stata dipinta come il “grande fratello”, un medium potenzialmente pericoloso, capace di plasmare l’opinione pubblica e condizionare le menti: una minaccia alla democrazia.
Al contrario, internet e le piattaforme digitali sono state idealizzate come strumenti di libertà democratica ed empowerment: spazi aperti e orizzontali dove ogni voce potesse esprimersi e trovare ascolto.
La realtà, però, si è rivelata diversa. Dallo scandalo Cambridge Analytica abbiamo imparato che le piattaforme digitali possono essere strumenti di manipolazione, polarizzazione e disinformazione, mossi da meccanismi algoritmici opachi, interazioni anonime e modelli orientati al profitto.
Nonostante i tanti annunci di declino e i rapidi cambiamenti tecnologici, la televisione resta parte resiliente del panorama mediatico, presenza familiare nelle nostre case e nella vita comunitaria. Continua a essere l’unico spazio pubblico ancora sottoposto a chiara responsabilità editoriale e a un autentico controllo etico.
Quali sfide ci attendono? Dobbiamo recuperare il controllo su un sistema internazionale segnato dal disordine e dalla deriva “algocratica”, cui stiamo sempre più delegando la gestione di questioni politiche e sociali.
Il recente e improvviso cambiamento della politica statunitense verso i propri alleati occidentali pone l’Europa in una posizione di urgenza. È necessario tradurre le ambizioni regolatorie dell’UE in azioni concrete e applicabili, semplificando e modernizzando il nostro complesso – ma essenziale – quadro giuridico, per rispondere alle sfide della Quarta Rivoluzione Industriale.
Sono convinta che oggi, più che mai, sia essenziale che gli esseri umani restino la forza trainante al cuore del cambiamento. Istituzioni come ASERI hanno una responsabilità sempre più cruciale: continuare a preparare i futuri leader a comprendere la complessità e ad agire con competenza, etica e coraggio.
Grazie alle sue qualità uniche, alla forza della sua rete, alla leadership e al prestigio, ASERI è nella posizione ideale per continuare a svolgere un ruolo fondamentale negli anni a venire – come ha sempre fatto – offrendo eccellenza accademica e favorendo lo sviluppo di competenze critiche, interdisciplinari e interculturali.